Cambia tutto. Perché nulla cambi.

Ci sono cose a cui devi lasciare il tempo di realizzarsi per poi pubblicarle.
Bisogna lasciar cadere molte teste (tra cui la mia) e lasciare che la gara a chi è più puro finisca per affamare la gente, che della purezza non ha mai saputo cosa farsene.
Poi, quando ti ritrovi il più potente dei banchieri a tenere le redini del Paese e a decidere di politiche sociali, sanità, fiscalità e giustizia per i prossimi decenni, è il momento per un sano “l’avevo detto“.
Perché le rivoluzioni si fanno PER qualcosa, non CONTRO qualcosa.

– Sinceramente ho un po’ paura…
– Avete vinto, mi pare una vittoria schiacciante. Perché hai paura?
– Intanto perché HANNO vinto, loro, quelli per cui lavoro, io non ho meriti. Poi, ad essere onesta, neanche quelli per cui lavoro, non direttamente, semmai il partito a cui appartiene il mio cliente
– Sei seria? Dove sarebbe la paura?

Continua a leggere

Tisana e Tinder (Sesso e Internet, Parte III)

– No. No. Tette. Ancora tette. Ma che diamine, altre tette!

Anna non ha ben chiara la situazione, quando rientra in casa e trova Silvia sul divano, un bicchiere di tè freddo sul tavolino e lo schermo dello smartphone come unico destinatario del suo imprecare.

Una scena strana, soprattutto per l’audio.

Continua a leggere

Sexting, no regretting (Sesso e Internet, parte II)

Sabato sera, l’una e mezza e sono stanca come fossero le quattro. Sarà che siamo fuori dalle otto e che, tanto per cambiare, abbiamo bevuto troppo. O sarà che ‘sta festa hipster è una chiavica. Solita intellettualata, in posto rivalutato, con installazione concettuale e DJ scarso. Trenta persone di cui venti uomini, equamente divisi in sballati e nerd. Nessuno in grado di apprezzare le mie calze ricamate.

Ora che ci penso siamo dietro casa di Coso, là. Fammi scrivere, magari ci scappa un diversivo.

Sì ma. non da solo.

Sei in zona?

Continua a leggere

Tinder Zafferano (Sesso e Internet, Parte I)

È agosto e mamma dice che fa troppo caldo per cucinare, ogni giorno è una specie di tortura pensare a cosa fare per pranzo senza che significhi sedersi a tavola ai limiti del colpo di calore. Le dico che ho un’ottima ricetta per il pomodori con il riso: si fanno prima e si mangiano freddi.

– I pomodori della Signora Patrizia! – le dico.
E chi diavolo è la Signora Patrizia? – mi chiede. Continua a leggere

Natale. La canzone.

C’è la luna sui tetti, c’è la notte per strada
le ragazze ritornano in tram
ci scommetto che nevica,
tra due giorni Natale
ci scommetto dal freddo che fa.

Il 23 dicembre è un giorno particolare. Dal punto di vista astronomico, è il primo giorno del Capricorno e per me che sono del Capricorno, è sempre un certo sollievo. Poi è inverno, ufficialmente dal 21 che è il solstizio, e questo significa che verrà pure un gran freddo, ma almeno le giornate iniziano ad allungarsi. Io la sera alle 4 del pomeriggio la patisco in tutto il corpo.
Da circa 15 anni, il 23 dicembre è anche il giorno in cui Federico mi scrive un messaggio, citando Natale di De Gregori.

Continua a leggere

Il buco

Serve un anno per strappare e un anno per ricucire?
Questo pezzo ha un anno e parla di cose che erano già vecchie di un anno. In questi 12 mesi ho scrutato me stessa allo specchio, cercando di capire cosa fosse rimasto intorno al buco.

Le polpette non le sbaglio più e faccio le mani dai cinesi.
Ascolto quello che mi pare.

“Isn’t it strange? I am still me, you are still you, in the same place. Isn’t it strange how people can change? From strangers to friends, friends into lovers and strangers again.”

Il disco di Celeste comincia così. Il brano si chiama Strange ed è sostenuto praticamente solo dalla voce. La voce graffia, tira, esaspera. Come avesse pianto tutto quel che poteva.

Sono giorni che sento questo album in sottofondo, mentre cucino, mi vesto, sistemo un po’ in casa: mi rilassa. Non lo ascolto veramente, lo lascio suonare.

Continua a leggere

Monica

Il lockdown della primavera del 2020 è stato una specie di naufragio per ciascuno di noi. Come degli sperduti Tom Hanks, in molti abbiamo cercato il nostro Wilson con cui interagire, solo per non impazzire. La mia è stata la Monica Vitti di Alessandro Baronciani. Dopo tutti questi mesi, mi ritrovo lontana e ne sento la mancanza.

Vedi Monica, le cose corrono e tu sei lì attaccata a quel muro. Oggi è esattamente un mese che non ci vediamo. Un mese fa era venerdì e al mattino presto ho chiuso lo zaino, messo la gatta nel trasportino e chiuso il gas. Avevo il sospetto e la sottile speranza che sarei stata via per più di un weekend.
La sera ero a cena con gli amici, sulle sponde natie, e, dato che eravamo più di sei persone, avevamo dovuto dividerci in due tavoli. Se ci penso mi sembra passata un’era geologica.

Continua a leggere

Cara Catastrofe

cara-catastrofe

Il 14 ottobre 2010 vedeva la luce Cara Catastrofe, il primo singolo de Le Luci della Centrale Elettrica tratto dal secondo album, quello più difficile e quello che non passerà l’esame del tempo.
Per ora noi la chiameremo felicità era attesissimo: Vasco aveva aperto ad un linguaggio inedito, scarno e cruento, e tutti, non solo i detrattori, aspettavano di capire in che direzione lo avrebbe spinto.

Continua a leggere

La dignità del basso ventre

“Sai cosa mi piacerebbe? Una cosa come nei film: due che si incontrano per caso, non si conoscono e finiscono per far sesso nel bagno del treno. Non è tanto conoscere una in un bar, parlarci, rimorchiarla… quello l’ho già fatto, quello lo so com’è.”

Che bella idea! Poteva diventare un racconto. Questo, per esempio.
Poi non lo so, qualcosa è andato storto. Qualcosa non è partito, come una torta che non lievita. Questo racconto non è mai lievitato.
Come si fa a dare dignità ad una pulsione senza essere melensi o machisti?
Proviamo.

Roma, pioggia torrenziale, i rivoli di acqua lungo il marciapiede, gli anfibi di lei muovono svelti tra le pozzanghere. È buio, non sono neanche le sette eppure sembra notte fonda. Il pub è già aperto, per fortuna. Continua a leggere

ALDRO VIVE

illustrazione di Mauro Biani

Federico Aldrovandi è stato ucciso la notte del 25 settembre di 15 anni fa. Tutti noi potevamo essere Aldro. Quelle “persone” hanno ancora la divisa e sono pagate con i soldi dei contribuenti. Ripropongo un vecchio post di Instagram.

“Uno dei motivi per cui facciamo questa cosa di suonare insieme è che, guardandoci negli occhi, sappiamo che nessuno di noi potrà mai essere Enzo Pontani, Luca Pollastri, Monica Segatto o Paolo Forlani ma ognuno di noi avrebbe potuto essere FEDERICO ALDROVANDI.”

Continua a leggere